In un mondo in cui l’iperattività è al primo posto e la voglia di libertà è seconda solo alle smanie di indipendenza, un film come Room, di Lenny Abrahamson, riesce a gettare qualsiasi persona nello sgomento totale.
La vincitrice dell’oscar come migliore attrice protagonista, Brie Larson, è la protagonista di questo dramma. La storia è raccontata dal punto di vista del piccolo Jack, Jacob Tremblay. Lui vive nella stanza. Quella è la sua casa. Il lavandino, la finestra in alto, la lampada e tutti gli altri oggetti presenti sono i suoi amici; tutto lascia presagire un livello psichiatrico già abbastanza labile. Ma’, Brie Larson, è sempre con lui. Amorevole e protettiva come sempre. I due hanno un patto: la notte, quando la porta della stanza è aperta da Old Nick per infilarsi nel letto di suo madre, Jack deve rimanere nascosto nell’armadio. I giorni si ripetono tutti uguali, da mattina a sera. A lei non viene in mente il suicidio, e questo è già il primo punto di forza del film. Quando il bambino compie cinque anni Ma’ decide che è giunto il momento di tentare il tutto per tutto e decide di svelargli la verità: al di là della porta blindata di cui non conoscono il codice c’è il mondo vero, c’è la sua famiglia, c’è la realtà. Elaborano così un piano di fuga. L’unico piano che fa acqua da tutte le arti e che, nonostante tutto, riesce.
Il film è incentrato più sugli spazi interiori che su quelli esteriori, è focalizzato sugli aspetti emotivi dei personaggi, vuole portare lo spettatore a capire cosa possano aver provato piuttosto che far vedere dove hanno vissuto.
Room è ispirato a una storia realmente accaduta, quella di Emma Donoghue raccontata nel libro Stanza, letto, armadio specchio, espediente che accresce l’empatia provata per i due protagonisti della storia. Brie Larson porta sullo schermo il dramma di una donna imprigionata, di una madre che cerca a tutti i costi di tutelare il figlio e di una ragazza a cui è stata rubata la vita. Lo fa in maniera assolutamente magistrale, interiorizzando il dramma vissuto e regalando un’interpretazione intensa e profonda.
Il film mira ad evidenziare la cattiveria dell’uomo su un altro essere umano: costringere qualcuno a vivere in assenza di libertà e garantire quella come unica certezza.
Quando Ma’ e Jack riescono ad uscire dalla stanza hanno due reazioni completamente diverse: Il piccolo è inizialmente spaventato, sconvolto da tutto ciò che risulta essere nuovo che tuttavia riesce a conquistarlo man mano; per la madre il rinculo emotivo dato dalla libertà e dalla vita di cui si è rimpossessata le procurano un crollo. I media interessati alla loro storia, una famiglia sconvolta dal dolore della perdita e delle angherie subite, una vita spezzata per tutti non lasciano scampo all’emozione.
Abrahamson decide di raccontare il tutto con estremo rispetto, utilizzando la giusta sensibilità nei confronti di una storia già tragica.
Room è sicuramente un film che merita di essere visto per accrescere il lato umano presente in ognuno di noi; per capire che qualsiasi tipo di cattiveria riversata gratuitamente nei confronti di un altro essere umano ha delle ripercussioni gravi che soltanto l’amore e la caparbietà riescono a sconfiggere.
Giovanna Montano