Michael Jordan è l’idolo di tantissime generazioni, un mito vivente dal talento innato: è colui che incarna la leggenda del basket

Michael Jordan - Neomag.

Michael Jordan è considerato da molti la leggenda vivente del basket americano. Nato a New York il 17 febbraio 1963, trascorre l’infanzia nel quartiere di Brooklyn. Cresce in una famiglia umile, la madre Doloris era impiegata di banca e il padre James R. Jordan Sr. era un meccanico della centrale elettrica. Come ragazzo è molto introverso, non riesce a socializzare e ha pochi interessi. A scuola non eccelle, apprende velocemente ma si applica poco. Alle medie si fa notare per la particolare propensione allo sport.

Quando a scuola inizia a praticare il basket viene subito soprannominato “dunker” per via delle sue schiacciate spettacolari. Diventa una vera celebrità a scuola e, durante l’ultimo anno, rientra tra i migliori giocatori del campionato. Con una borsa di studio viene scelto dalla North Carolina University ed entra a far parte della prima squadra di basket NCAA giocando titolare. L’ultima partita dell’anno è una finale, e con un tiro allo scadere consegna la vittoria alla sua università diventando un idolo.



La carriera nei Chicago Bulls

Il successo sportivo travolge Michael Jordan, dandogli così l’opportunità di lasciare in anticipo gli studi. Viene scelto come terzo giocatore dai Chicago Bulls e così entra a far parte dell’Nba. Al suo arrivo la sqquadra non navigava in ottime acque, cose che cambiarono in seguito al suo ingresso in squadra. Nel 1983 fu nominato “Rookie of the year”, miglior matricola nel massimo campionato, convocato poi all’All Star Game conquistando l’attenzione del mondo dello sport. Tutti aspettano di vedere il suo talento, le sue schiacciate volanti. Un brutto infortunio blocca l’inizio del secondo anno tra i professionisti. Ma lavora sodo e rientra più forte di prima, ai playoff del 1986 è da record con 63 punti a referto contro i Boston Celtics.

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Idolo indiscusso del basket

Per la massima consacrazione di Jordan bisogna attendere però il terzo campionato. Proclamato miglior marcatore in assoluto di sempre, con una media di 37 punti a partita, diventa un idolo indiscusso. Il suo nome, in seguito alle sue collaborazioni con la nike, viene associato alla parola “Air” per la capacità che ha di volare a canestro senza mai fallire. Non è più solo un giocatore ma un uomo da copertina.

La sua carriera si conclude nel 2003, in seguito ad un episodio spiacevole, quando suo padre viene ucciso durante una rapina con un colpo di pistola. Ultimamente il documentario trasmesso da Netflix, The Last Dance, ha riportato in auge il mito legato al campione di palla a canestro anche tra chi non ricordava chi fosse.