Se al cinema sulla locandina di un film ti appaiono, in sequenza, i volti perfetti di Brad Pitt e Ryan Gosling, affiancati da quello geniale di Christian Bale e Steve Carrell, tutti diretti dal mago delle commedie Adam McKay, non puoi fare altro che pagare il biglietto e metterti comodo per goderti La Grande Scommessa.

Durante tutta la proiezione ci saranno momenti in cui guarderete inebetiti lo schermo, ritornando con la memoria alle lezioni di Chimica e Fisica del liceo, altri in cui penserete di aver capito, ma finirete a grattarvi la testa con lo sguardo vitreo assorti nel vuoto; ma ci saranno anche dei rari, rarissimi, attimi in cui potrete esclamare con successo di avercela fatta a comprendere ‘quasi’ una sequenza nella trama. E questo è senz’altro il maggiore successo del film di Adam McKay.
Il regista, già guru della commedia americana,  dirige l’adattamento del libro non-fiction di Michael Lewis, in cui si racconta l’esplosione della bolla dei mutui subprime e il conseguente tracollo del mercato finanziario globale del 2007-2008.
Uno degli elementi geniali del film è che il racconto non segue un solo punto di vista, ma si districa nelle molteplici storie dei ‘lupi’ esperti di borsa che, fiutato l’imminente disastro, decisero di puntare contro la stabilità dei mutui e contro il mercato americano, finendo per arricchirsi a spese del mondo intero.
La grande scommessa riesce a fondere nello stesso prodotto sia il genere documentario che quello della commedia in modo molto, molto originale. Il film di Adam McKay, a differenza di molti altri, ha anche un chiaro intento documentatistico, abilmente mascherato sotto il volto di una commedia; una commedia che rompe la quarta parete, si fa a tratti mockumentary e disseziona la normale grammatica cinematografica in tutti i suoi elementi.

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La narrazione della storia è affidata al personaggio di Ryan Gosling che, molto spesso, chiama in aiuto folli siparietti esplicativi con protagonisti Margot RobbieAnthony Bourdain o Selena Gomez, in uno strepitoso gioco di metacinematografia ricchissimo e funzionale.  Margot Robbie, in una vasca da bagno piena di schiuma, il padre della finanza comportamentale Richard Thaler a un tavolo da gioco di Las Vegas insieme a Selena Gomez, rappresentano momenti in cui si interrompe il flusso della finzione,  che però ci si aspetta da un regista di commedie come McKay.
I personaggi sono abbastanza stereotipati: c’è l’eccentrico manager di un hedge fund, Michael Burry (Christian Bale), che se ne va in giro in maglietta, scalzo e ascolta heavy metal mentre lavora; c’è Jared Vennett (Ryan Gosling), narratore del film e ‘lupo di Wall Street’ che subodora il tracollo con largo anticipo, così come i due giovani investitori Charlie Geller (John Magaro)  e Jamie Shipley (Finn Wittrock), aiutati da un ex mago della finanza (Brad Pitt). E poi c’è Mark Baum (Steve Carrell), capo di un hedge fund con un passato traumatico che lo ha spinto a una totale sfiducia nei confronti del sistema in cui prima credeva. Quest’ultimo è il personaggio più interessante, perché parte da uno stereotipo, ma diventa presto l’ancora morale del film.
Un film riuscito ed interessante sotto tutti i punti di vista. Sicuramente da vedere.

Giovanna Montano