Intervista a Macia del Prete, il genio creativo del panorama artistico della danza
Le stazioni come gli aeroporti custodiscono un sapore di vago e inespresso, un continuo e convulso andirivieni di persone, suoni, gesti e incontri. Non poteva esserci dimensione più consona ad accogliere un fervido switch di racconti che convogliano nel genio creativo di Macia del Prete. Dall’essenza eclettica di questa protagonista prende forma la tacita arte della danza declinata e svestita da preconcetti e preesistenze, da fronzoli ed esasperanti tecnicismi, elevandola a rango di mera arte del comunicare. Abbiamo fatto un’intervista a Macia del Prete, una delle personalità più dirompenti nel panorama artistico e ballettistico contemporaneo. Una giovane creativa nel pieno della sua ansia di esprimere, creare e plasmare. Il suo colore non può che essere il nero, la sua artista del cuore è Billy Holiday, il suo sogno è un coworking con Bjork. In fremito, in attesa di rientrare puntuale nel capoluogo lombardo, la coreografa ci rivela tante curiosità!
– Innanzitutto siamo tutti curiosi di sapere come nasce il soprannome Macia!
Ricordo che mia sorella da bambina non riusciva a scandire esattamente il mio vero nome, Maria Rosaria, le risultava più semplice chiamarmi Macia. Lo ha inventato lei, mi è piaciuto, mi ci riconosco!
– La tua quotidianità è un tumultuoso crossing di incontri e impegni lavorativi ma come impieghi il tuo tempo libero?
Da circa qualche anno suono, è un’attività che mi distende. Ammetto di essere ancora in fase di training ma quella del musicista è sicuramente una dimensione che mi appaga. Il genere a cui mi sento affine è la techhouse, in termini di sound amo i ritmi in loop.
Inoltre nel tempo libero mi tatuo , difficile dire quale sia il mio tatuaggio preferito ma non amo sicuramente tatuarmi la schiena… Anche se finirò per farlo!
– Quindi da coreografa di spicco e giovane musicista possiamo confermare il tuo rapporto simbiotico con la musica… cosa e chi ami ascoltare?
Ho appena acquistato il cd di Billy Holiday, una donna straordinaria e un’artista iconica. La sua vita è fonte di ispirazione per una creativa come me. Un mio sogno sarebbe dedicarle uno spettacolo, qualcosa che percorra e racconti la sua vita!
Collaborare con Bjork è un altro dei miei più grandi sogni nel cassetto, ma ahimè credo resti tale! In compenso stasera a Milano mi attende il live di Gregory Porter, non vedo l’ora!
– Come nasce e si sviluppa l’iter creativo di un tuo prodotto coreografico ?
Semplice, Vomito!
Vomito tutto quello che la mia anima e la mia mente elaborano. Il mio processo creativo passa dalla pancia al cervello, sembra assurdo ma è così. Canalizzo tutto il mio estro in uno dialettico alternarsi di gesti e idee. Ritengo il ballerino un mio strumento nel senso positivo del termine. Lo ascolto, lo osservo, mi nutro di lui. Una cosa è certa, io in prima persona, non amo essere interprete delle mie creazioni. Osservo le mie evoluzioni plasmarsi sui corpi altrui. Diversamente dalla maggior parte dei creativi il dolore non mi aiuta a creare. Sono artisticamente fertile solo quando sto bene, quando sono allegra, in quel caso riesco a’vomitare’!
– Parlaci di come tutto ha avuto inizio…
In realtà da bambina sognavo di diventare una pediatra. Quando i miei genitori per vicissitudini familiari mi chiesero di prendere le redini della loro scuola di danza non potei tirarmi indietro. Ho sicuramente fatto della danza qualcosa da adattare a me, al mio corpo, ai miei esperimenti.
– L’esperienza lavorativa che ti ha maggiormente segnata ?
Sicuramente l’esperienza presso la PERIDANCE CONTEMPORARY DANCE COMPANY DI NYC per la quale ho coreografato una piece dal nome “gestures. Lavoro tuttora rappresentato in repliche in tutto il mondo, affiancato in cartellone a creazioni di coreografi del calibro di Ohan Naharin. La cosa che porto profondamente nel cuore è l’eterogeneità e la multietnia di questa compagnia che come molte realtà d’oltreoceano , ha totale propensione alla diversità e nessun tipo di preconcetto artistico. Per loro ero una sconosciuta coreografa italiana con cui lavorare ed innestare un processo creativo , cosa che in Italia difficilmente avviene in quanto è il proprio C.V. a determinare chi sei e quanto vali.
– Cosa ne pensi del tipo di apporto che la Tv e i Social portano a questa arte ?
La tv come i social possono dare un giusto apporto e contributo! Certo, bisogna tener presente un elemento fondamentale: saper distinguere la vera ricerca, l’autenticità dalle forzature. Spesso questi strumenti rischiano di occultare l’autorialità di una performance.
– Come capisci se un danzatore può lavorare per te, come lo selezioni?
Non è il danzatore a dovermi cercare, sono io che lo individuo, che lo cerco! Sono io ad aver bisogno di lui , quando sento quell’energia, quella luce in lui che risveglia in me un interesse. Un danzatore deve riuscire semplicemente a ‘nutrirmi’!
– Amore o amicizia ?
Mi ritengo fortunata per la famiglia da cui provengo, genitori aperti e disposti a capirmi! Sono fortemente legata alla mia famiglia anche se per ragioni lavorative sono ormai anni che ‘non faccio la figlia’! Allo stesso tempo sono consapevole di non voler creare una famiglia tutta mia. Non ho questa propensione naturale! Sono un’entità in continuo divenire, non potrei avere legami eterni. Non credo ne nell’amore, tantomeno nel matrimonio. Sicuramente non potrei fare a meno dei miei amici, quelli veri, li conto sulle dita di una sola mano!
– Un luogo in cui desideri vivere?
Spero l’Australia anche se sono una da luoghi nordici, freddi! Non amo il sole, non amo il mare. A Milano la mattina mi sento decisamente a casa quando apro la finestra e il grigio della città illumina i miei spazi!
Aldilà di preconcetti e aspettative, tra espressi fumanti, arrivi e partenze, possiamo con immenso piacere affermare di aver conosciuto Maria Rosaria del Prete più che Macia!