Il vero simbolo degli anni ’90 era il diario scolastico. Testimonianza di un’intera generazione, status symbol indiscusso per anni
C’è stato un tempo in cui tutti noi, in questo periodo, eravamo alla ricerca di una cosa soltanto: il diario scolastico. Li ricordate? E’ impossibile dimenticarli. Era l’elemento immancabile in qualsiasi zaino, l’accessorio Must Have. Queste perché a quei tempi, ossia negli anni ’90, non era un semplice “diario scolastico”, bensì era più considerato come uno status symbol, uno stile di vita, un must.
Intorno ai nostri diari ci ruotava l’intera nostra vita, tutto il fitto e intricato tessuto di relazioni sociali, scolastiche e non solo. Non esistevano i cellulari, non avevamo i social e i pomeriggi li passavamo a trasformare i nostri diari in autentici capolavori, testimonianze solide e concrete della nostra adolescenza traboccante di vita e di passione. Tutto, in un qualche modo, finiva tutta inesorabilmente sul diario, bella o brutta che fosse. Tutto passava di lì.
Il diario scolastico era il resoconto dettagliato del nostro micro mondo, lo specchio del nostro animo ribelle e il baluardo della nostra autenticità.
La nostalgia
Simbolo di intere generazioni. Se il diario scolastico fosse un’immagine, sarebbe sicuramente quella dei ritagli di giornale con la faccia di Leonardo di Caprio, i Backstreet Boys o le Spice Girls. Ma anche le Dr.Marten’s, il Tamagotchi, il Karaoke, Mtv. Poi , a contorno, ci sarebbero gli adesivi, i disegni e le dediche. Tantissime. Come i segreti, quelli scritti di straforo tra un’ora buca e una lezione di matematica. Nascosti nel mezzo da qualche parte i compiti del giorno dopo e le verifiche, che fanno da contorno all’annuncio che le vacanze, come ogni anno, arriveranno puntuali.
Il massimo era il diario della Smemoranda, vero almanacco per generazioni di studenti, intramontabile punto fisso in un mondo che cambia costantemente. Cos’, dalle elementari alla quinta superiore, i diari scolastici hanno fotografato, certe volte anche senza pietà, tutto quello che, con gli occhi di oggi, ci sembra quasi appartenere a un’altra vita. Quasi come essere catapultati in un’altra epoca!
La Smemo
La Smemo, ossia “il primo diario a quadretti in un mondo a righe” era il modello per eccellenza. Se alle medie e nei primissimi anni delle superiori era ancora consentito deviare dallo standard, a partire dalla seconda, massimo terza superiore non lo era più: o avevi la Smemo, o non eri nessuno. Diario che, a fine anno, era alta il doppio e pesava due chili, impossibile da chiudere, impossibile da contenere. Arrivavi a maneggiarla come una reliquia, stando attento anche al verso, che se lo sbagliavi poteva esploderti in mano in un tripudio di ritagli e bigliettini non ancora incollati.
Ce lo ricordiamo tutti che alle superiori, soprattutto i primissimi anni, le mode non erano semplici “vezzi”, ma veri aut aut: o avevi una certa giacca, e un certo zaino, e un certo diario, e eri fuori dai giochi.
Così c’è stato il periodo cartella Naj Oleari, il periodo zaino Invicta, il periodo giubbotto Bomber e il maledetto periodo giacca Barbour.
Sul diario scrivevamo cose banali, ma l’importante non era quello che scrivevamo ma come le scrivevamo.
Che si riuscisse a leggere e capire quello che veniva scritto non era importante, contava solo come veniva scritto. Questo dalle “grandi” lo avevamo capito bene: come nei murales, una scritta, meno la si capisce, più è fica.
L’esperienza del diario
La cosa bella del diario era quella di far vivere agli altri il proprio diario come una sorta di spettacolo quasi interattivo: perché i compagni non dovevano essere solo spettatori passivi, e il diario non poteva essere solo sfogliato; il diario doveva essere un’esperienza, un viaggio, un “posto” in cui lasciare il segno e tornare volentieri. Ecco l’importanza delle dediche sul diario, di diventare tutti partecipi di un’unica esperienza. Dalla qualità e quantità di scritte, messaggini, dediche, lasciate sui rispettivi diari, si potrebbe tranquillamente tracciare anche oggi una mappa perfetta dei rapporti amicali della componente femminile di ciascuno aveva in classe.