Il Coachella 2025 è iniziato lo scorso weekend. Ma una cosa è cambiata: nessuno ne parla. Manca il tutto esaurito, ci è voluto un mese per vendere i biglietti. Cosa vuol dire?

Coachella 2025 - Neomag.

Anche quest’anno, puntuale come un drop sponsorizzato, Coachella torna a farsi sentire. O forse no? Il festival musicale (e fashion) nella valle californiana omonima è in programma dal passato weekend, ma – diciamocelo – se non fosse per le solite stories di gente che non sa chi sta cantando sul palco, ce ne saremmo forse accorti? Probabilmente no.

Un tempo c’erano Beck, i Tool, i Chemical Brothers, e persino Morrissey. Oggi, c’è il gruppo o l’artista di tendenza, il filtro seppia, i cappelli cowboy e i look boho presi in prestito da… culture altrui. Ma procediamo con ordine.

L’inizio del Coachella

Tutto comincia nel 1999, quando due organizzatori, Paul Tollett e Rick Van Santen, guardano al Glastonbury Festival e decidono: vogliamo farlo anche noi, ma con meno fango e più sole californiano. E ce la fanno. Coachella nasce così: un festival musicale, artistico, fresco, con 50 dollari d’ingresso e la voglia di scoprire nuovi suoni.

Spoiler: il vibe “scopro-band-che-non-conosce-nessuno” è durato poco più di un’Instagram story.

Fast forward a oggi: Tutto è cambiato, ci sentiamo di dire in peggio. I biglietti base partono da 599 dollari (senza volo, hotel, cibo o terza dose di glitter), VIP pass oltre i 1000, e la musica che, in tutto questo, sembra l’ultimo dettaglio rilevante. La podcaster Linda Cuadros l’ha definito “le Olimpiadi degli influencer” e, a giudicare dai contenuti che invaderanno i nostri feed, ha più che ragione.

lineup coachella 2025 - neomag.

Lo stile Boho chic che fine ha fatto?

Certo, se ti vesti da collezione primavera/Spahn Ranch ’69, con frange, stivali texani e presine da cucina ricamate (boho-chic, dicono), potresti trovare il tuo posto nel deserto. Ma se sei lì per ascoltare i Blur e ti aspetti che il pubblico canti Boys and Girls, potresti sentirti più solo di Damon Albarn sul palco lo scorso anno.

E mentre il festival si fa vetrina del fashion sistemico e dell’appropriazione culturale di ritorno (ciao bindi, copricapi nativi e tutto ciò che Vanessa Hudgens ha mai indossato e Alessandra Ambrosio ha mai sponsorizzato), ci si chiede: che fine ha fatto l’anima di Coachella? Quella vera, famosa in tutto il mondo?

Ma come mai sta cadendo nel dimnticatoio?

Forse è finita lì dove vanno tutti i progetti nati autentici e diventati fenomeni da feed: persi in un algoritmo, rivenduti al miglior offerente, svuotati del loro significato ma sempre vestiti benissimo. Perché, alla fine, chi ha bisogno di cultura quando hai l’hashtag giusto?

Uno degli aspetti più significativi del crollo del festival potrebbe riguardare la crescita del costo della vita e l’incertezza economica che investe la Gen-Z. Abbiamo predetto che il Coachella non è per niente un festival economico.

E se questa triste (ma brillante) parabola ti ricorda qualcosa, tipo la moda, i brand storici svuotati per farci su una capsule TikTok-friendly o l’ennesima borsa “di tendenza” senza anima… non sei solo.

Il problema non è diventare più ricchi. È diventarlo senza sapere più chi siamo.
E nemmeno Frank Ocean, coi suoi problemi audio, potrà salvarci da questo fade-out.