Un grande drama, con l’emozione della catastrofe e la precisione di un documentario: queste le parole utilizzate per descrivere la serie tv Chernobyl
A 33 anni dal disastro, la tragedia di Chernobyl sbarca in tv. Tra le serie tv più attese di Giugno, andrà in onda dal 10 Giugno su Sky Atlantic e Now tv la mini serie in cinque episodi sull’esplosione della centrale nucleare ucraina del 26 aprile 1986. Diretta da Johan Renck e scritta da Craig Mazin, ‘Chernobyl’ è già stata trasmessa negli Usa, dove ha incassato ascolti record e critiche positive da parte di pubblico e critica.
Diversi attori di successo formano il cast. Tra loro, Jared Harris (visto in Mad Men, The Terror, The Crown) nei panni di Valery Legasov, scienziato sovietico scelto dal Cremlino per indagare sull’incidente, fra i primissimi a cogliere la portata della tragedia. E ancora, Stellan Skarsgård (visto in Melancholia, Will Hunting – Genio ribelle) interprete di Boris Shcherbina, capo della commissione governativa su Chernobyl istituita dal Cremlino. Con loro Emily Watson (vista in Le onde del destino) nelle vesti di Ulana Khomyuk, fisica nucleare sovietica impegnata a risolvere il mistero che ha portato al disastro, e Jessie Buckley (visto in Taboo) in quelle di Lyudmilla Ignatenko, giovane moglie di Vasily, vigile del fuoco che non riuscirà a evitare l’esposizione alle radiazioni.
Di cosa parla Chernobyl
In cinque puntate viene mostrata la tragedia ma, come riporta il creatore Craig Mazin, non è una “disaster series”. C’è la scena dell’esplosione della centrale nucleare di Chernobyl e nient’altro. Perché poi il grosso lo fanno i protagonisti, lo fa l’ambientazione precisa e puntuale; lo fa la fotografia, il tono del racconto; lo fanno i tanti, piccoli dettagli, e una rievocazione – meglio: una ricostruzione – storica impeccabile. È un drama, certo. Ed è anche un documentario – perché nomi, cose, fatti sono elencati per bene, perché ogni pezzo è al suo posto, e ogni data viene rispettata. I protagonisti parlano in un inglese perfetto, impeccabile, e così tutti quelli che sono attorno a loro: è una produzione americana-europea, dopotutto. Ma anche così, anche con l’accento brit, Chernobyl mostra l’Unione Sovietica; mostra la faccia di un mondo andato, perduto, che ha fatto di tutto, ogni cosa, per nascondere il proprio fallimento.
Una morale, in questa mini-serie, non c’è. Però è innegabile come, ancora una volta, sul banco degli imputati, ci sia l’uomo, con la sua fallibilità e la sua arroganza, con la sua incapacità d’accettare i propri sbagli e i propri errori, di fare ammenda, d’accettare e, poi, di chiedere scusa. Dall’altra parte della nebbia della guerra fredda, alcuni provavano a fare la differenza. E poi c’erano gli eroi: i pompieri, i minatori e i soldati che per primi, anche senza protezioni, si sono gettati in prima linea, hanno fatto l’impossibile e, per questo, sono morti.